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L'ussaro triste

Track byMurubutu

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  • 2013.06.28
  • 4:05
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歌詞

Rientrava dalla lande d’arme ansante in cuore e gambe, aveva servito madre Russia nell’esercito di Pietro il Grande, avanzando piano nel rigore del primo Gennaio giunse un ussaro russo in sella ad un purosangue baio Lui era l’ alto rango del sangue slavo, negli occhi spurii il lago di sangue dell’assalto di Azov, aveva corso fuggendo la peste con bestie in grado di percorrere in due giorni almeno 200 verste. Giunse dalle foreste in un’alba di vetro, ricordava i vecchi boiari dell’epoca prima di Pietro, i bottoni di rame brillavano sotto i fiocchi e sopra una barba ampia che iniziava appena sotto gli occhi, sotto le notti aveva corso tra i bui, ora lui riconosceva la terra: lei non riconosceva lui, le riforme avevano cambiato tutto per sempre e il sangue nobile, per quanto nobile, non valeva più niente Nonostante lo sguardo costante, due lacrime calde rigavano le guance Tu chiedi perché? Per quanto forte lui non riuscì a non piangere : il vecchio mondo è morto e il nuovo tarda a nascere Nonostante il suo corpo composto, due lacrime calde rigavano il volto Domandi perché? Per quanto memore d’usi, abusi e regole nel tempo s’era perso il passo fra due epoche L’ussaro vide le sue terre d’oriente perse per sempre, dove il vento increspava i campi di segale verde, dove l’erba perenne sommergeva la palude mentre la nebbia spargeva nell’aria odore di fiume. Rivide i ponti di sassi, i tronchi neri dei frassini, le foglie chiare delle querce nane e i sorbi selvatici, il sottobosco mosso dove bastava un raggio solo per trasformare giallo e rosso in porpora e oro. Si avvicinò al villaggio spronando il sauro appena poi rallentò al ritmo di chi falciava l’avena, con aria fiera, il petto gonfio come un vela, pretendeva il rispetto che era ma nessuno lo riconosceva; la sua steppa in fiore ove regnava come un signore ora non era più sua ma terra dell’Imperatore, che aveva impresso alla sua terra lo stampo di zar stanco di guardare a Mosca come seconda Roma o terza Bisanzio L’ussaro scese dal sauro con fare cortese, sentì l’odore del lago e accarezzò il baio sul garrese, a lui pareva palese ricevere omaggi del volgo ma solo cani e un bifolco storpio gli giravano intorno Nessuno vedeva o nessuno voleva vedere? Chi lo temeva come nessuno ora volgeva la schiena, vide un cosacco suo servo con un collo da cervo fare a pezzi il suo stemma e gettarlo per terra in mezzo allo sterco; vide vicino a un’ isba di pino una candela di sego illuminava un bambino che ascoltava un vecchio cieco, gli raccontava la steppa di un tempo, le miserie e le offese quando il grano d’un mese rendeva solo poche copeche in monete "...e il padrone d’un tempo che il demonio lo porti!!! Diceva: quel cane rognoso ozioso nobile succhiasoldi si pensava un signore, si , amato da tutti, speriamo sia morto di tisi o per mano dei turchi!" L’ussaro sentì nel cuore bruciare il dolore, il suo nome nel fango alla stregua di un invasore, cosi avviò verso il lago senza fretta o timore, qualcuno prima lo vide mormorare qualcosa sotto le icone

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