Notte e una città che sbatte sempre, dietro ogni sua finestra, la stessa faccia da culo. Merda, chiude - un attimo! - oh, la stazione!... ecco proprio come l'altra sera, solo chiuso fuori a prendermela in culo, solo sui cancelli chiusi della metro, dietro la città che sputa già Ma no, c'è ancora nebbia di neon: sale da sotto con suoni di martello, mi vibra di chitarre e fili di rame se siedo in mobilità di scale: un gruppo suona in culo alla metro... Sarà questa musica che mi rimbomba proprio sotto il fuoco delle unghie-scaglie ora che c'è quella che mi guarda e toglie il suo sguardo dentro un giro falso e coglie il mio che arriva col metrò Spingi dai, apriamoglielo rompi dai, più in fondo che puoi saziamola questa città dentro dai, da dietro se vuoi Spingi ancora, nel budello spingi ancora, vieni dentro Scuotiti e girati, puoi? Lo vedi, no? Siamo soli. E' stretta, sai, questa città, stretta più di quanto lo sei tu Spingo ancora, nel budello spingo ancora, torno indietro Frena la corsa inarca la schiena; se sbatti ancora la tua nuca in basso - capelli chiusi, coronati in giù - ti girerai di sguardo traverso, arco che ti apre il dorso fino in culo Freni la corsa inarchi la schiena; sei la città che rimette la maglietta. Ferma - la metro al capolinea - senti la musica che dà di frusta, non mi guardi e te ne fila via. Fuori una città che nemmeno ti si incula. (Grazie a salvocristallo per questo testo)