E un, due ... un, due, tre, quattro. E poi capita che il sangue sbatte addosso e il vento sia uno scirocco di cristallo, che ti aggrappi a una follia, prigioniero dello stallo, come il mare sotto le alghe. E come l'albero d'autunno, lasci foglie sull'asfalto ad ammucchiarsi contro i muri. Che si arrende senza sonno, senza storia, senza volto e quella sfilza di respiri. Mentre fuggi e ti fai largo tra la gente, tra le grida sarà il fisco, sarà il caldo. Sarà il senso della vita, ma ti ho visto anche un sorriso, in quell'improvviso volo. Dopo i gemiti, il rancore e la consueta ipocrisia, del "mai più di questi fatti" c'è una tua fotografia nel Sole 24 Ore e due brevi trafiletti. E come l'albero d'autunno, lasci foglie sull'asfalto ad ammucchiarsi contro i muri. E si arrende senza sonno, senza storia, senza volto e quella sfilza di respiri. Quanti giorni accumulati, che poi bastano minuti per così perdere il filo. E' strano come certi umani dopo tutti questi anni, si consumi anche il destino.